Obesità: da amplificatore di rischio a malattia cronica

DOCUMENTO SIPREC 2022 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA

COORDINAMENTO SCIENTIFICO Massimo Volpe Professore Ordinario di Cardiologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Facoltà di Medicina e Psicologia, Università di Roma Sapienza Direttore del Dipartimento Assistenziale Integrato Scienze Cardiovascolari e Respiratorie Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Roma, Presidente della Società italiana di Prevenzione Cardiovascolare COORDINAMENTO EDITORIALE Via Roma, 10 • 16121 Genova Tel. 010 553591 • Fax 010 5535970 E-mail genova@aristea.com Web www.aristea.com

CONSIGLIO DIRETTIVO SIPREC PRESIDENTE Massimo Volpe, Roma PAST PRESIDENT Bruno Trimarco, Napoli PRESIDENTE ONORARIO Gaetano Crepaldi, Padova CONSIGLIERI Simonetta Bellone, Novara Paolo Bellotti, Savona Marco Bertolotti, Modena Alessandro Biffi, Roma Agostino Consoli, Chieti Alberto Corsini, Milano Giovambattista Desideri, Roma Claudio Ferri, l’Aquila Maria Grazia Modena, Modena Giulio Nati, Roma Matteo Pirro, Perugia Speranza Rubattu, Roma Giuliano Tocci, Roma Saula Vigili de Kreutzenberg, Padova Roberto Volpe, Roma DOCUMENTO SIPREC 2022 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA

SOMMARIO INTRODUZIONE Obesità, amplificatore del rischio cardiovascolare e malattia cronica 7 Massimo Volpe 1. EPIDEMIOLOGIA 1.1 Dimensioni del problema Obesità in Italia e nel Mondo 11 Giovanna Gallo 1.2 Obesità in età pediatrica: aspetti epidemiologici e prospettive 15 Simonetta Bellone, Roberta Ricotti 2. FISIOPATOLOGIA 2.1 Meccanismi di accumulo e mantenimento del tessuto adiposo nell’obeso 20 Guido Salvetti, Alessio Basolo 3. ASPETTI CLINICI 3.1 Alterazioni metaboliche nell’obesità 24 Matteo Pirro, Vanessa Bianconi, Massimo R. Mannarino 3.2 Obesità e diabete 32 Agostino Consoli 3.3 Obesità e malattie non metaboliche 39 Claudio Ferri, Rita Del Pinto 3.4 Obesità ed ipertensione 48 Guido Grassi, Gino Seravalle 3.5 Obesità e malattia coronarica 60 Leonarda Galiuto, Maria Chiara Meucci 3.6 Obesità e Scompenso Cardiaco 65 Carmine Morisco1, Speranza Rubattu 2, Bruno Trimarco1 3.7 Obesità e rischio oncologico 73 Maria Grazia Modena, Elisa Lodi 4. INTERVENTI TERAPEUTICI 4.1 Modificazioni dello stile di vita 80 Roberto Volpe 4.2 Interventi farmacologici 85 Paolo Sbraccia 4.3 Interventi non farmacologici (chirurgia bariatrica) 92 Maurizio De Luca 5. INTERVENTI DI COMUNICAZIONE MEDICO-PAZIENTE 5.1 L’importanza della comunicazione medica nel paziente obeso 98 Giovambattista Desideri 5.2 La gestione del paziente obeso nella medicina del territorio 105 Giulio Nati 5.3 La gestione multidisciplinare del paziente obeso 109 Saula Vigili de Kreutzenberg 6. CONCLUSIONI Obesità: la necessità di nuove soluzioni e percorsi di cura 113 Massimo Volpe

7 DOCUMENTO SIPREC 2022 INTRODUZIONE Obesità, amplificatore del rischio cardiovascolare e malattia cronica Massimo Volpe Cattedra e Struttura Complessa di Cardiologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Facoltà di Medicina, Università di Roma Sapienza, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Roma Sin dagli anni 80 in molti Paesi del mondo e soprattutto dei Paesi con consumi ed economia più elevate, ma poi anche in aree del pianeta in cui vi è stata una tumultuosa crescita industriale ed economica, l’obesità è divenuta una vera epidemia interessando centinaia di milioni di individui. Il Global Burden of Disease (GBD) Obesity Collaborations nel 2017 [1] ha stimato un totale di 603,7 milioni di adulti, con un clamoroso raddoppio della prevalenza tra il 1980 e il 2015 in molti Paesi e una continua crescita in altri [2]. Questa dimensione del problema obesità, spesso sottostimato, supera di gran lunga la nostra percezione, arrivando ad interessare tra persone sovrappeso ed obesi i 3 miliardi di individui [3]. Sulla base di queste stime, sono progressivamente cresciute l’attenzione e la preoccupazione per il carico di malattia che l’obesità comporta, ove si considera che, sempre in accordo agli investigatori del GBD [1] quasi 4 milioni di morti sono state associate all’obesità e di queste più di due terzi attribuibili a cause cardiovascolari. Il motivo di questa relazione pericolosa tra sovrappeso e obesità e malattie cardiovascolari va identificato in primo luogo nel fatto che l’obesità contribuisce allo sviluppo di fattori di rischio cardiovascolari maggiori (emodinamici e metabolici come l’ipertensione arteriosa, le dislipidemie -ipercolesterolemia ed ipertrigliceridemia, il diabete mellito di tipo 2. In secondo luogo, l’obesità contribuisce allo sviluppo di condizioni che rivestono un ruolo importante nella fisiopatologia e nella progressione clinica delle malattie cardiovascolari, come la cardiopatia ischemica e lo stroke, ad esempio: la sindrome metabolica, la sindrome da apnee ostruttiva del sonno (OSAS), la disfunzione endoteliale ed uno stato di infiammazione cronica, anche a livello vascolare, l’iperuricemia, l’intolleranza glucidica e l’insulino resistenza [4-6]. Infine, soprattutto nei soggetti con i quadri più marcati di obesità vi è una più marcata propensione a sviluppare fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, soprattutto il fenotipo a frazione di eiezione preservata (HFpEF), angina microvascolare, ipertensione arteriosa resistente ed il tromboembolismo polmonare (Figura 1). Figura 1. Relazioni tra obesità e patologie cardiometaboliche Ridotta capacità di esercizio Resistenze Vascolari Disfunzione endoteliale Ipertensione arteriosa Diabete Dislipidemia Disfunzione diastolica Trombosi Infiammazione Fibrillazione atriale Scompenso cardiaco Sindromi coronariche acute Obesità

8 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA Nel complesso, il carico di malattia cardiovascolare associata all’obesità è quindi molto elevato e si esprime soprattutto in una più alta incidenza di eventi coronarici acuti (STEMI e NSTEMI) [7-10]. Una metanalisi di 21 studi condotta nel 2007 dal BMI – CHD Collaboration Investigators [11] in oltre 300.000 soggetti adulti con 18.000 eventi acuti coronarici ha dimostrato un’alta prevalenza di eventi soprattutto nei pazienti sovrappeso o obesi. Nonostante queste evidenze epidemiologiche e lo stretto “link” fisiopatologico tra il “fingerprinting” metabolico ed emodinamico dell’obesità e la patologia cardiovascolare, il ruolo dell’obesità come fattore di rischio cardiovascolare indipendente è stato spesso e a lungo derubricato a fattore di rischio “minore” o a mero “amplificatore” di rischio, anche per la difficoltà a documentare una relazione causa effetto tra riduzione di peso e riduzione degli eventi cardiovascolari in studi di intervento, ove è inevitabile il ruolo confondente dei numerosi fattori metabolici ed emodinamici che intervengono. Gli studi di intervento del passato basati sulla riduzione del peso non sono riusciti a dimostrare in modo coerente e convincente una riduzione delle manifestazioni cliniche della cardiopatia ischemica [12-14], anche se le modifiche dello stile di vita con una concomitante riduzione del peso corporeo comportano chiari benefici su sindrome metabolica, infiammazione sistemica e disfunzione endoteliale. Al contrario degli studi con i farmaci, alcuni studi condotti con la chirurgia bariatrica come lo Swedish Obesity Study [15] hanno dimostrato una riduzione degli eventi coronarici fatali e non fatali probabilmente perché venivano ottenute perdite di peso più significative e stabili a fronte di un ruolo meno pregnante di fattori confondenti. È per questo, che come affronteremo in maggiore dettaglio in altre parti di questo documento che si guarda con grande interesse alle nuove strategie terapeutiche farmacologiche (come ad esempio i GLP1RA) che possono assicurare riduzioni di peso più ampie e stabili e che hanno già fornito evidenze di risultati favorevoli con la riduzione di peso in soggetti con diabete di tipo 2 sia sugli eventi cardiovascolari maggiori che sulla mortalità cardiovascolare. La complessità sindromica dell’obesità, che oggi viene progressivamente portata in superficie da interventi farmacologici originariamente disegnati per fornire alternative di cura nel diabete di tipo 2, si adatta poco ad una mera visione riduttiva dell’obesità come “amplificatore” di rischio cardiovascolare e viceversa trova più logica collocazione in una definizione dell’obesità come uno stato di malattia cronica caratterizzata da una molteplicità di aspetti fisiopatologici con grande impatto clinico sull’equilibrio metabolico e in tutti gli stadi del “continuum cardiovascolare” (Figura 2). Figura 2. l ruolo dell’obesità nel continuum cardiovascolare REGRESSIONE INTERVENTO PREVENZIONE Obesità Ipertensione arteriosa Dislipidemia Diabete mellito Tabagismo Danno d’organo PROGRESSIONE Eventi CV

9 DOCUMENTO SIPREC 2022 Nel marzo del 2021, dopo una serie di “statements” in questa direzione emanati in singoli paesi (ad es. Portogallo, Italia, USA) [16] la Commissione Europea ha definito l’obesità come “una malattia cronica recidivante, che a sua volta agisce come porta di entrata per un range di altre malattie non comunicabili (NCD)” [17]. Questo emergente ed innovativo inquadramento nosografico dell’obesità può avere grande impatto sull’aderenza dei pazienti agli interventi sullo stile di vita e farmacologici, oltre che facilitare un accesso definito a cure volte ad ottenere effetti benefici stabili che limitino le recidive e le loro conseguenze a medio e lungo termine. Nell’ambito del nostro precedente documento “Prevenzione Italia 2021” [18], a proposito di interventi su sovrappeso e obesità, avevamo così sintetizzato la posizione della Società Italiana di Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC). Nel presente nuovo documento specificamente indirizzato all’obesità, abbiamo comunque voluto utilizzare un approccio multidisciplinare lungo una precisa direttrice di Alleanza per la salute cardiometabolica focalizzando soprattutto sul ruolo centrale dell’obesità, intesa come malattia cronica piuttosto che fattore di rischio individuale. al fine di realizzare queste premesse, abbiamo quindi chiesto ad esperti e ricercatori di ripercorrere le principali connessioni fisiopatologiche dell’obesità con lo sviluppo di malattie cardiovascolari, gli aspetti clinici principali e gli approcci terapeutici disponibili che oggi possono contare su interventi farmacologici innovativi, più sicuri ed efficaci. BIBLIOGRAFIA . Afshin, A, Forouzanfar, MH, Reitsma, MB, Sur, P, Estep, K, Lee, A, Marczak, L, Mokdad, AH, Mo- 1 radi-Lakeh, M, Naghavi, M, et al. GBD 2015 Obesity Collaborators. Health effects of overweight and obesity in 195 countries over 25 years. N Engl J Med. 2017. 377:13–27 . Atella V, Brady A, Catapano AL, Critchley J, Graham IM, Hobbs FD, Leal J, Lindgren P, Vanuzzo 2 D, Volpe M, Wood D, Paoletti R. Bridging science and health policy in cardiovascular disease: focus on lipid management: A Report from a Session held during the 7th International Symposium on Multiple Risk Factors in Cardiovascular Diseases: Prevention and Intervention—Health Policy, in Venice, Italy, on 25 October, 2008. Atheroscler Suppl. 2009. Jun 10;10(1):3-21. . Maffetone, PB, Rivera-Dominguez, I, Laursen, PB. Overfat and underfat: new terms and defini- 3 tions long overdue. Front Public Health. 2017. 4:e00279. . McGill, HC, Jr, McMahan, CA, Herderick, EE, Zieske, AW, Malcom, GT, Tracy, RE, Strong, JP; for the 4 Pathobiological Determinants of Atherosclerosis inYouth (PDAY) Research Group. Obesity accelerates the progression of coronary atherosclerosis in young men. Circulation. 2002. 105:2712–2718. . Berenson, GS, Srinivasan, SR, Bao, WH, Newman, WP, 3rd, Tracy, RE, Wattigney, WA. Associa- 5 tion between multiple cardiovascular risk factors and atherosclerosis in children and young adults. N Engl J Med. 1998. 338:1650–1656. . McGill, HC, Jr, McMahan, CA, Malcom, GT, Oalmann, MC, Strong, JP, Wissler, RW, Robertson, 6 AL, Cornhill, JF, Gay, S, Gay, RE, et al. Relation of glycohemoglobin and adiposity to atherosclerosis in youth. Arterioscler Throm Vasc Biol. 1995. 15:431–440. . Calle, EE, Thun, MJ, Petrelli, JM, Rodriguez, C, Heath, CW, Jr. Body-mass index and mortality in 7 a prospective cohort of U.S. adults. N Engl J Med. 1999. 341:1097–1105. . Hubert, HB, Feinleib, M, McNamara, PM, Castelli, WP. Obesity as an independent risk factor 8 for cardiovascular disease: a 26-year follow-up of participants in the Framingham Heart Study. Circulation. 1983. 67:968–977.

10 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA . Manson, JE, Willett, WC, Stampfer, MJ, Colditz, GA, Hunter, DJ, Hankinson, SE, Hennekens, 9 CH, Speizer, FE. Body weight and mortality among women. N Engl J Med. 1995. 333:677–685. . Folsom, AR, Stevens, J, Schreiner, PJ, McGovern, PG. Body mass index, waist/hip ratio, and co- 10 ronary heart disease incidence in African Americans and Whites: Atherosclerosis Risk in Communities Study Investigators. Am J Epidemiol. 1998. 148:1187–1194. . Bogers, RP, Bemelmans, WJ, Hoogenveen, RT, Boshuizen, HC, Woodward, M, Knekt, P, van 11 Dam, RM, Hu, FB, Visscher, TL, Menotti, A, et al. BMI-CHD Collaboration Investigators. Association of overweight with increased risk of coronary heart disease partly independent of blood pressure and cholesterol levels: a meta-analysis of 21 cohort studies including more than 300 000 persons. Arch Intern Med. 2007. 167:1720–1728. . Wing, R, Bolin, P, Brancati, FL, Bray, GA, Clark, JM, Coday, M, Crow, RS, Curtis, JM, Egan, CM, 12 Espeland, MA, et al; Look AHEAD Research Group. Cardiovascular effects of intensive lifestyle intervention in type 2 diabetes. N Engl J Med. 2013. 369:145–154. . Ma, C, Avenell, A, Bolland, M, Hudson, J, Stewart, F, Robertson, C, Sharma, P, Fraser, C, Ma- 13 cLennan, G. Effects of weight loss interventions for adults who are obese on mortality, cardiovascular disease, and cancer: systematic review and meta-analysis. BMJ. 2017. 359:j4849. . Sierra-Johnson, J, Romero-Corral, A, Somers, VK, Lopez-Jimenez, F, Thomas, RJ, Squires, RW, Al- 14 lison, TG. Prognostic importance of weight loss in patients with coronary heart disease regardless of initial body mass index. Eur J Cardiovasc Prev Rehabil. 2008. 15:336–340. . Carlsson LMS, Sjöholm K, Jacobson P, Andersson-Assarsson JC, Svensson PA, Taube M, Carlsson 15 B, Peltonen M. Life Expectancy after Bariatric Surgery in the Swedish Obese Subjects Study. N Engl J Med. 2020. 383(16):1535-1543. . Prevenzione delle malattie cardiovascolari lungo il corso della vita”, prodotto dall’Alleanza Italiana 16 per le Malattie Cardio-Cerebrovascolari www.salute.gov.it/portale/alleanzaCardioCerebrovascolari . Burki T. European Commission classifies obesity as a chronic disease. Lancet Diabetes Endocri- 17 nol. 2021. 9(7):418. . Battistoni A, Gallo G, Aragona CO, Barchiesi F, Basolo A, Bellone S, Bellotti P, Bertolotti M, 18 Bianco A, Biffi A, Borghi C, Cicero AFG, Consoli A, Corsini A, Desideri G, Di Giacinto B, Fernando F, Ferri C, Galiuto L, Grassi D, Grassi G, Icardi G, Indolfi C, Lodi E, Modena MG, Muiesan ML, Nati G, Orsi A, Palermi S, Parati G, Passantino A, Patelli A, Pelliccia A, Pengo M, Filardi PP, Perseghin G, Pirro M, Pontremoli R, Rengo G, Ricotti R, Rizzoni D, Rocca B, Rotella C, Rubattu S, Salvetti G, Sciacqua A, Serdoz A, Sirico F, Squeo MR, Tocci G, Trimarco B, Vigili de Kreutzenberg S, Volpe R, Volpe M. Prevenzione Italia 2021 Un update del Documento di consenso e raccomandazioni per la prevenzione cardiovascolare in Italia [Prevention Italy 2021 - An update of the 2018 Consensus document and recommendations for the prevention of cardiovascular disease in Italy]. G Ital Cardiol (Rome). 2021. 22(5):1-105. Italian.

11 DOCUMENTO SIPREC 2022 1. EPIDEMIOLOGIA 1.1 Dimensioni del problema Obesità in Italia e nel Mondo Giovanna Gallo Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Sapienza Università di Roma, U.O.C. Cardiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Roma L’obesità, condizione caratterizzata da un indice di massa corporea (BMI) ≥30 Kg/m2, è stata definita come una moderna epidemia globale. Il Global Burden of Disease ha stimato come più di 600 milioni di soggetti adulti in tutti il mondo siano obesi e quasi 2 miliardi siano in sovrappeso , con una prevalenza globale in rapida e continua crescita [1]. La previsione per il 2025 secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità è che il 18% degli uomini e il 21% delle donne sarà affetto da obesità, mentre il 40% della popolazione globale sarà in sovrappeso (BMI ≥25 Kg/m2). In un’analisi condotta negli Stati Uniti dal National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) fra il 2015 e il 2016 gli adulti obesi rappresentavano circa il 40% dell’intera popolazione arruolata, con una prevalenza di circa l’8% per quanto riguarda l’obesità di grado severo (BMI ≥40 kg/m2) [2], con alcune differenze in base al genere e all’etnia di provenienza (5.5% tra i maschi caucasici e 17% tra le donne nere non ispaniche) [3]. Questo fenomeno è dilagante in tutto il mondo anche tra i bambini e gli adolescenti (oltre 40 milioni di soggetti in età pediatrica obesi nel 2016) (Figura 1) [4]. Figura 1. Prevalenza di obesità a livello globale (Modificata da Talukdar D et al. PLoS One. 2020.15(5):e0232236.)

12 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA Anche nel nostro Paese i dati non sono affatto confortanti. Dai risultati dell’Indagine Multiscopo dell’Istat “Aspetti della vita quotidiana” emerge che nel 2015 in Italia più di un terzo della popolazione adulta (35,3%) era in sovrappeso, mentre una persona su dieci era obesa (9,8%) e complessivamente il 45% dei soggetti di età ≥18 anni era in eccesso ponderale [5]. Le regioni meridionali presentavano una prevalenza superiore di adulti obesi (Molise 14%, Abruzzo 13% e Puglia 12%) e in sovrappeso (Basilicata 40%, Campania 39% e Sicilia 38%) rispetto a quelle settentrionali (obesi 9% in Lombardia e 8% nella Provincia Autonoma di Bolzano, in sovrappeso 30% in Valle d’Aosta e 27% nella Provincia Autonoma di Trento) [5]. La percentuale di popolazione in eccesso ponderale era maggiore nelle fasce di età più avanzata, passando dal 14% nei soggetti tra i 18 e i 24 anni al 46% tra i 65 e i 74 anni; analogamente la percentuale di soggetti obesi aumentava dal 2% al 15% per le stesse fasce di età [5]. Diversi studi hanno dimostrato una correlazione fra obesità ed eventi cardiovascolari maggiori, tra cui infarto miocardico, scompenso cardiaco e morte cardiaca improvvisa. Nei pazienti obesi vi è infatti una maggiore incidenza dei principali fattori di rischio cardiovascolare, tra i quali ipertensione arteriosa, diabete mellito, dislipidemia e sindrome dell’apnee ostruttive del sonno [6-9]. Inoltre, l’obesità è spesso associata ad uno stile di vita non corretto caratterizzato da fumo, abuso di alcol e consumo di “junk food”. Ogni 2 anni vissuti in una condizione di obesità il rischio di mortalità per cause cardiovascolari aumenta del 7%. Anche i dati dello studio Framingham hanno confermato che il rischio di mortalità aumenta in maniera proporzionale al numero di anni trascorsi in una condizione di obesità, indipendentemente dai valori di BMI e da altri fattori di rischio. Una maggiore durata dell’obesità è stata inoltre associata ad una più estesa quota di calcificazioni coronariche e ad una più rapida progressione della malattia aterosclerotica, indipendentemente dalla quota e dalla distribuzione dell’adipe [6]. Nei pazienti obesi lo sviluppo di aterosclerosi inizia diversi anni prima rispetto ai soggetti normopeso. Un aumento del peso corporeo di 10 Kg è associato ad un rischio superiore del 12% di malattia coronarica e ad un aumento di circa 3 mmHg dei valori di pressione arteriosa. Ad ogni aumento del BMI di 1 Kg/m2 corrisponde una crescita del rischio di ictus ischemico del 4% e del 6% di rischio emorragico [7]. Inoltre i soggetti obesi hanno un rischio del 50% superiore rispetto agli individui normopeso di sviluppare fibrillazione atriale [8]. Sulla base dei dati del Framingham Heart Study ad un aumento del BMI di 1 Kg/m2 il rischio di scompenso cardiaco aumenta del 5% negli uomini e del 7% nelle donne. Nei soggetti obesi lo scompenso cardiaco si sviluppa 10 anni prima rispetto a coloro che hanno un BMI nei limiti. Dopo 20 anni di obesità il rischio di scompenso cardiaco aumenta del 70% e dopo 30 anni del 90%. Diversi studi hanno mostrato che tra i pazienti affetti da scompenso cardiaco il 32-49% è obeso e il 31-40% in sovrappeso e che più del 10% dei casi di insufficienza cardiaca è attribuibile direttamente all’obesità [6]. Dai dati del Framingham Heart Study è emerso anche come l’incidenza di morte cardiaca improvvisa sia 40 volte superiore nei soggetti obesi come conseguenza di un’aumentata irritabilità elettrica, di un alterato equilibrio simpato-vagale e di più frequenti e complesse aritmie ventricolari, anche in assenza di un quadro di scompenso cardiaco conclamato [6]. Sulla base di queste evidenze, l’American Heart Association (AHA) ha ufficialmente classificato l’obesità come un fattore di rischio cardiovascolare modificabile con un ruolo indipendente dagli altri fattori di rischio più noti quali ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia e diabete [9]. Bisogna

13 DOCUMENTO SIPREC 2022 inoltre sottolineare come l’obesità sia associata di per sé ad un’aumentata prevalenza e ad un peggior controllo degli altri fattori di rischio cardiovascolare. L’aumento dei BMI e del grasso viscerale è correlato infatti ad un’espansione del volume ematico circolante dovuta ad una ritenzione di sodio e acqua, ad un’iperattivazione simpatica e ad un aumento delle resistenze vascolari. Le conseguenze dell’espansione del tessuto adiposo includono inoltre la disregolazione della secrezione di adipochine, l’alterazione della funzione mitocondriale e del metabolismo lipidico e glucidico, insulino-resistenza, disfunzione endoteliale e uno stato infiammatorio e protrombotico [6-8]. Diversi studi e metanalisi hanno inoltre mostrato un’associazione con un aumento dello spessore medio-intimale e con la presenza di calcificazioni coronariche. Questi meccanismi fisiopatologici contribuiscono allo sviluppo di rimodellamento atriale e ventricolare, di disfunzione sistolica e diastolica del ventricolo sinistro, ad un aumento delle pressioni di riempimento atriale e ventricolare e delle pressioni polmonari. Lo spettro delle alterazioni cardiache funzionali e strutturali correlate all’obesità spazia pertanto dalla presenza di danno d’organo subclinico allo scompenso clinico sintomatico [6-8]. Diversi studi hanno mostrato come oltre alla valutazione del BMI altri indici antropometrici della distribuzione del tessuto adiposo siano in grado di predire in maniera più adeguata il rischio cardiovascolare dei soggetti obesi, tra cui la circonferenza addominale, il rapporto vita-fianchi e la valutazione del grasso viscerale con tomografia computerizzata e risonanza magnetica. E’ stato infatti suggerito che la distribuzione e l’integrità del tessuto adiposo svolgano un ruolo più importante per la determinazione del rischio cardiometabolico rispetto al quantitativo totale. In quest’ambito, la valutazione della circonferenza addominale si è dimostrata essere un indicatore più preciso di obesità addominale e correla maggiormente con i valori di BMI rispetto al rapporto vita/fianchi [6-8]. In uno studio condotto su 360.000 soggetti in 9 Paesi Europei ha mostrato che sia l’obesità generale che quella centrale aumentano il rischio di morte e supportano l’importanza di valutare la circonferenza addominale e del rapporto vita/fianchi [10]. Nei pazienti obesi con anamnesi positiva per precedenti eventi cardiovascolari la strategia più efficace per far regredire i fattori di rischio associati si è dimostrato il calo ponderale con modifiche del regime dietetico e programmi di esercizio fisico. Una perdita di peso del 5-10% associata a programmi di riabilitazione è in grado di ridurre i livelli plasmatici di colesterolo, glucosio e markers infiammatori. Inoltre un calo ponderale di 8 Kg circa è in grado di ridurre gli spessori del ventricolo sinistro in pazienti lievemente obesi con ipertensione, con risultati più significativi rispetto alla terapia antipertensiva [7]. Alcuni studi hanno individuato un fenotipo di pazienti obesi definiti come “metabolicamente sani”, ovvero con elevata sensibilità all’insulina, bassi livelli di citochine infiammatorie e un normale assetto lipidico, caratterizzati da un minor rischio di eventi cardiovascolari e mortalità indipendentemente dai valori di BMI. La prevalenza di questo particolare fenotipo è di circa il 10-30% in Europa, con una percentuale più elevata tra le donne giovani. Tuttavia, seppur descritta come una condizione benigna, i soggetti che ne sono affetti presentano comunque un rischio aumentato di eventi cardiovascolari, di insufficienza renale cronica ed epatopatia rispetto agli individui normopeso, soprattutto se perpretrata per lunghi periodi [8]. Sulla base di queste evidenze, appare chiaro come un enorme sforzo debba essere compiuto per bloccare la crescita esponenziale dell’obesità in tutto il mondo sia a livello individuale che con programmi di popolazione su grande scala. L’obesità rimane infatti una condizione clinica che aumenta il profilo di rischio cardiovascolare modificabile e che può essere controllato con modifiche dello stile di vita associato a strategie farmacologiche in maniera significativamente efficace.

14 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA SINOSSI • L’obesità rappresenta nell’ambito delle malattie non trasmissibili (NCN) una vera e propria epidemia globale: più di 600 milioni di soggetti adulti sono obesi e quasi 2 miliardi sono in sovrappeso • In Italia più di un terzo della popolazione adulta è in sovrappeso, mentre una persona su dieci è obesa • L’obesità rappresenta un fattore di rischio indipendente per malattia coronarica, scompenso cardiaco e morte per cause cardiovascolari. BIBLIOGRAFIA 1. Piché ME, Tchernof A, Després JP. Obesity Phenotypes, Diabetes, and Cardiovascular Diseases. Circ Res. 2020. 126(11):1477-1500. 2. Ortega FB, Lavie CJ, Blair SN. Obesity and Cardiovascular Disease. Circ Res. 2016. 118(11):1752-70. 3. Koliaki C, Liatis S, Kokkinos A. Obesity and cardiovascular disease: revisiting an old relationship. Metabolism. 2019. 92:98-107. 4. Talukdar D, Seenivasan S, Cameron AJ, Sacks G. The association between national income and adult obesity prevalence: Empirical insights into temporal patterns and moderators of the association using 40 years of data across 147 countries. PLoS One. 2020. 15(5):e0232236. 5. https://www.epicentro.iss.it/obesita/epidemiologia-italia 6. Lavie CJ, Milani RV, Ventura HO. Obesity and cardiovascular disease: risk factor, paradox, and impact of weight loss. J Am Coll Cardiol. 2009. 53(21):1925-32. 7. Koliaki C, Liatis S, Kokkinos A. Obesity and cardiovascular disease: revisiting an old relationship. Metabolism. 2019. 92:98-107. 8. Rychter AM, Ratajczak AE, Zawada A, Dobrowolska A, Krela-Kaz’ mierczak I. Non-Systematic Review of Diet and Nutritional Risk Factors of Cardiovascular Disease in Obesity. Nutrients. 2020. 12(3):814. 9. Powell-Wiley TM, Poirier P, Burke LE, Després JP, Gordon-Larsen P, Lavie CJ, Lear SA, Ndumele CE, Neeland IJ, Sanders P, St-Onge MP; American Heart Association Council on Lifestyle and Cardiometabolic Health; Council on Cardiovascular and Stroke Nursing; Council on Clinical Cardiology; Council on Epidemiology and Prevention; and Stroke Council. Obesity and Cardiovascular Disease: A Scientific Statement From the American Heart Association. Circulation. 2021. 143(21):e984-e1010. 10. Pischon T, Boeing H, Hoffmann K, et al. General and abdominal adiposity and risk of death in Europe. N Engl J Med 2008;359:2105–20.

15 DOCUMENTO SIPREC 2022 1. EPIDEMIOLOGIA 1.2 Obesità in età pediatrica: aspetti epidemiologici e prospettive Simonetta Bellone, Roberta Ricotti SCDU Pediatria, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara A partire dagli anni ‘70 è stato descritto un incremento “epidemico” dell’obesità, con una prevalenza mondiale pressoché triplicata dal 1975 [1]. Nel 2020, la World Health Organization (WHO) ha dichiarato pertanto come, ad oggi, la maggior parte della popolazione mondiale viva in Paesi in cui i soggetti in sovrappeso o affetti da obesità muoiano di più di coloro in sottopeso [1]. Nel tempo, tale fenomeno si è dimostrato inoltre interessare in maniera trasversale tutte le fasce d’età, non risparmiando quella pediatrica. Infatti, se la prevalenza di sovrappeso e obesità è aumentata a livello mondiale, tra il 1980 e il 2013, del 27.5% negli adulti, ancora più allarmanti si sono rivelati i dati relativi all’incremento nel medesimo periodo in età pediatrica, pari al 47.1% [2]. In particolare, nei Paesi in via di sviluppo è stato descritto un trend in crescita con una prevalenza di sovrappeso e obesità del 12.9% nei maschi e del 13.4% nelle femmine, a partire rispettivamente dall’8.4% e dall’8.1%. Allo stesso tempo, nei Paesi occidentali, la curva di crescita ha riconosciuto negli ultimi anni un plateau [2]. Nel 2014, a livello europeo, lo studio IDEFICS (Identification and prevention of Dietary- and lifestyle-induced health Effects in Children and infantS), ha inoltre osservato una correlazione inversa tra sovrappeso o obesità e lo stato socio-economico delle famiglie di bambini in età scolare fino al 2007-2010. Tale associazione è risultata particolarmente significativa in Belgio, Germania, Spagna e Cipro, mentre meno spiccata in Svezia, Estonia, Ungheria e Italia. Complessivamente, il 7.0% della coorte pediatrica IDEFICS è stato classificato come obeso e il 12.8% come sovrappeso, con un gradiente Nord-Sud e con dati più drammatici di sovrappeso e obesità soprattutto in Spagna (21.2%), Cipro (23.4%) e Italia (42.4%) [3]. Simili risultati che hanno confermato un gradiente Nord-Sud, sono stati ottenuti da un altro studio messo a punto sempre dal consorzio IDEFICS in cui è stata indagata l’aderenza al modello della Dieta Mediterranea in 16.220 bambini di età compresa tra i 2 e i 9 anni provenienti da otto Paesi europei [4]. Inoltre, dal 1985 al 2019, si sono resi salienti alcuni importanti cambiamenti auxologici consistenti nell’insufficiente incremento staturale a fronte invece di un eccessivo aumento ponderale, in maschi e femmine di molti Paesi dell’Africa sub-sahariana, della Nuova Zelanda e degli Stati Uniti, tra i maschi in Malesia ed in alcune nazioni insulari del Pacifico e tra le femmine in Messico [5]. A livello mondiale, la WHO ha riportato oltre 340 milioni di bambini e adolescenti di età compresa tra i 5 e i 19 anni in sovrappeso e obesi nel 2016 [1]. Ancora più preoccupanti i dati descritti nel 2019 con 38 milioni di bambini di età inferiore ai 5 anni in sovrappeso e obesi e confermati altrettanti nel 2020 con 38.9 milioni [6, 7]. A tal proposito, la WHO in collaborazione con l’UNICEF ha redatto un recente report epidemiologico a livello mondiale, includendo tutti gli stati di malnutrizione, tra i quali sovrappeso e obesità, in bambini al di sotto dei 5 anni di età [6, 7]. È inoltre sottolineato come sovrappeso e obesità siano il risultato, almeno in parte, degli interventi di marketing di settore oltreché al facile accesso ai “processed foods”, insieme a più bassi livelli di attività fisica. A livello globale, il 5.9% del suddetto campione è risultato essere in sovrappeso o obeso. L’incremento più significativo dal 2000 al 2018 è stato osservato in particolare in Africa ed in Asia, dove le percentuali sono passate dal 6.6% al 9.5% e dal 14.1% al 18.8% rispettivamente [6]. Anche nel 2020, quasi la metà di tutti i bambini al di sotto dei 5 anni di età affetti da sovrappeso o obesità è stata registrata in Asia (48%) e più di un

16 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA quarto della medesima coorte in Africa (27%) [7]. In Nord e Sud Africa, è risultato che almeno un bambino su dieci al di sotto dei 5 anni di età è in sovrappeso o obeso [6]. Per quanto riguarda la situazione epidemiologica in Italia, è attivo dal 2007 il sistema di sorveglianza OKkio alla Salute, nato per monitorare l’evoluzione di sovrappeso e obesità in età pediatrica tra i bambini delle scuole primarie (6-10 anni) e valutare gli interventi di promozione della salute. Il sistema è promosso dal Ministero della Salute e coordinato dal Centro Nazionale per la Prevenzione delle malattie e la Promozione della Salute (CNAPPS) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in collaborazione con tutte le Regioni e il Ministero dell’Istruzione [8]. Tra il 2008 e il 2016, la prevalenza dell’obesità si è ridotta dal 12.0% al 9.3% secondo i criteri diagnostici dell’International Obesity Task Force (IOTF) e dal 21.2% al 17.0% utilizzando la definizione secondo la WHO; inoltre la prevalenza di sovrappeso e obesità è passata dal 35.2% al 30.6% e dal 44.4% al 39.4%, rispettivamente secondo i criteri IOTF e WHO. Questo trend in calo è risultato maggiormente significativo nel sesso maschile [9]. Se da un lato è stata registrata recentemente una diminuzione dei casi di sovrappeso e obesità in età pediatrica in Italia, dall’altra parte sono stati comunque descritti dati di prevalenza tra i più allarmanti d’Europa [9]. Infatti, dall’ultimo aggiornamento di OKkio alla Salute del 2019, le percentuali di sovrappeso e obesità tra i bambini di età scolare (8-9 anni) si aggirava rispettivamente intorno a 20.4% e 9.4%, confermando oltremodo un gradiente Nord-Sud (Figura 1) [8]. Figura 1. Prevalenza e distribuzione di sovrappeso e obesità tra i bambini di età scolare (8-9 anni) in Italia, nel 2019 Tratta da [8]. Un notevole aggravamento dei tassi di obesità si è verificato dall’introduzione delle misure di confinamento attualizzate a partire da Marzo 2020, con la dichiarazione da parte della WHO dello stato di pandemia da COVID-19. Infatti, per sottolineare la gravità di tale fenomeno a livello mondiale verificatosi durante il lockdown nei bambini e negli adolescenti, in letteratura si parla ad oggi di “covibesity” [10]. Infatti la forzata variazione dei comportamenti quotidiani, in particolare l’attivazione dell’istruzione in modalità remoto da casa rivolta a bambini ed adolescenti, in combinazione con l’aumento del tempo trascorso davanti a social media e TV ed all’aumento della spesa alimentare, ha avuto un notevole impatto sui ritmi di crescita e, conseguentemente, sull’incremento ponderale [10, 11]. Secondo uno studio dei CDC (Centers for Disease Control and Prevention), condotto Campania Calabria Puglia Sicilia Basilicata Abruzzo Molise Lazio Umbria Marche Emilia-Romagna Liguria Toscana Friuli F.V. Piemonte Veneto Sardegna Lombardia Trento Bolzano Val d’Aosta sovrappeso obesità ITALIA 20,4 9,4 50 40 % 30 20 10 0

17 DOCUMENTO SIPREC 2022 su oltre 432mila bambini, adolescenti e giovani tra i 2 e i 19 anni di età, il tasso di incremento dell’indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI) è raddoppiato rispetto al periodo che ha preceduto il confinamento da pandemia; in particolare, nella fascia di età tra i 6 e gli 11 anni, il BMI è risultato addirittura aumentato di 2 volte e mezzo, e la percentuale di bambini e adolescenti definiti obesi, nell’arco dell’ultimo anno, è aumentata dal 19.3% al 22.4%. Inoltre tra coloro già affetti da sovrappeso o obesità è stato registrato un incremento ponderale di circa 0.7 kg al mese, secondo un ritmo di crescita che, se trasposto in 6 mesi, significherebbe circa 4 kg in più, oltre il doppio di quello che viene abitualmente considerato il regolare e sano incremento ponderale [12]. Durante la pandemia è risultata in ciascun Paese una diminuzione dell’attività fisica in circa il 28% dei bambini tra i 3 e i 5 anni di età, mentre è aumentato il consumo di snack dolci in circa il 19% dei bambini al di sotto dei 5 anni di età [7]. Anche i dati italiani registrati in corso della pandemia hanno messo in luce come circa il 40% dei bambini ha modificato le proprie abitudini alimentari: il 27% ha dichiarato di aver mangiato di più e di aver aumentato in particolare il consumo di snack (60.3%), di succhi di frutta (14%) e di bibite zuccherate (10.4%) rispetto al periodo pre-pandemico [13]. Di contro, è aumentato di circa 5 ore al giorno il tempo trascorso davanti ad uno schermo nei bambini e tra gli adolescenti di età compresa tra i 6 e i 18 anni, contribuendo alla maggiore sedentarietà [14]. Alla luce di questo scenario, che ha visto il collidere di due eventi pandemici, ovvero il diffondersi dell’infezione da SarsCov-2 ed il dilagare dell’obesità, ad oggi diventa ancora più importante promuovere l’adesione alle raccomandazioni di una corretta alimentazione e di uno stile di vita sano soprattutto in bambini e adolescenti. Dal Global Burden of Disease Study (GBD) è emerso che il numero di decessi e gli anni cumulativi di vita persa per disabilità (DALYs), correlati ad un BMI elevato, tra il 1990 e il 2017, sono più che raddoppiati sia nel sesso femminile sia nel sesso maschile. Le malattie cardiovascolari, infatti, sono risultate la principale causa di DALYs correlati all’eccesso ponderale, seguite da diabete mellito, nefropatie e patologie neoplastiche, rappresentando circa l’89.3% di tutti i DALYs attribuiti ad un BMI elevato [15]. Pertanto, l’obesità rappresenta sempre di più un problema urgente che deve essere prontamente ed adeguatamente affrontato a partire dall’età pediatrica. Infatti, è ormai noto come la condizione di eccesso ponderale persista in età adulta in una elevata percentuale di bambini e adolescenti affetti da sovrappeso e obesità [16]. Tale fenomeno è in particolar modo influenzato da: età, gravità e familiarità. Infatti l’età avanzata è associata ad una maggiore persistenza di obesità in età adulta, pertanto la maggior parte degli adolescenti obesi rimarrà tale anche una volta raggiunta la maggiore età [17]. Anche la gravità dell’obesità è importante: il 71% degli adolescenti affetti da obesità grave è risultato aver mantenuto la condizione di eccesso ponderale grave anche in età adulta rispetto a solo l’8% dei coetanei affetti da sovrappeso o obesità di minore entità [17]. Infine, è stato ampiamente dimostrato che l’obesità nei genitori aumenta di oltre 2 volte il rischio, nei figli obesi di età inferiore a 10 anni, di mantenere la condizione di eccesso ponderale anche in età adulta. Certamente i fattori ereditari riconoscono un importante effetto sulla prevalenza dell’obesità, ovvero è noto come l’obesità in un singolo genitore aumenti di 2 - 3 volte il rischio di obesità nel figlio e di oltre 15 volte qualora entrambi i genitori siano affetti da obesità [17]. Seppure la maggiore parte delle cause di sovrappeso e obesità siano notoriamente prevenibili e reversibili, tuttavia, ad oggi, nessun Paese è riuscito a fronteggiare l’emergenza contrastando ed invertendo la crescita di questa condizione epidemica. Infatti dalla pubblicazione dei Joint Malnutrition Estimates (JME) in Aprile 2021 si sono rivelati, a livello globale, insufficienti i progressi per raggiungere gli obiettivi proposti per l’imminente 2025 dalla World Health Assembly (WHA), ovvero il non ulteriore incremento nella prevalenza dell’eccesso ponderale al di sotto dei 5 anni di età, e dai Su-

18 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA stainable Development Goals (SDGs) per il 2030, ovvero la riduzione a meno del 3% dei casi di sovrappeso o obesità [7]. La strada della prevenzione consiste fondamentalmente in una adeguata alimentazione materna prima, durante la gravidanza e in corso dell’allattamento, nella promozione dell’allattamento materno nei primi due anni di vita, nel garantire un corretto stile di vita che preveda una sana alimentazione ed una regolare attività fisica [7]. A tal proposito, in Italia è attivo il Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2020-2025, adottato con Intesa Stato-Regioni del 6 Agosto 2020, anche al fine di prevenire e contrastare il sovrappeso e l’obesità in età pediatrica, attraverso un approccio intersettoriale (coinvolgente la scuola, l’ambiente di lavoro, la comunità e i servizi sanitari) ed interventi di life-course, mettendo in atto azioni di promozione della salute già a partire dai primi 1000 giorni di vita, cioè nel periodo che intercorre tra il concepimento e i primi due anni di vita del bambino, per ridurre i fattori di rischio individuali e favorire scelte di vita più salutari [18]. SINOSSI • Sovrappeso e obesità in età pediatrica: situazione epidemiologica globale e l’attuale realtà italiana. • La nuova pandemia: “Covibesity”. • Piani di Prevenzione e promozione della salute. BIBLIOGRAFIA 1. www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/obesity-and-overweight 2. Ng M, Fleming T, Robinson M, Thomson B, Graetz N, Margono C, Mullany EC, Biryukov S, Abbafati C, Abera SF, Abraham JP, Abu-Rmeileh NM, Achoki T, et al.The GBD 2013 Obesity Collaboration. Global, regional, and national prevalence of overweight and obesity in children and adults during 1980-2013: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2013. Lancet. 2014. 384:766-781 3. Ahrens W, Pigeot I, Pohlabeln H, De Henauw S, Lissner L, Molnár D, Moreno LA, Tornaritis M, Veidebaum T, Siani A. Prevalence of overweight and obesity in European children below the age of 10. Int J Obes. 2014. 38:S99–S107 4. Tognon G, Hebestreit A, Lanfer A, Moreno LA, Pala V, Siani A, Tornaritis M, De Henauw S, Veidebaum T, Molnár D, Ahrens W, Lissner L. Mediterranean diet, overweight and body composition in children from eight European countries: Cross-sectional and prospective results from the IDEFICS study. Nutr, Metab & Cardiovas Dis. 2014. 24:205-213 5. NCD Risk Factor Collaboration. Height and body-mass index trajectories of school-aged children and adolescents from 1985 to 2019 in 200 countries and territories: a pooled analysis of 2181 population-based studies with 65 million participants. Lancet.2020. 396(10261):1511-1524. 6. UNICEF / WHO / World Bank Group Joint Child Malnutrition Estimates. Levels and trends in child malnutrition. Key findings of the 2019 Edition 7. UNICEF / WHO / World Bank Group Joint Child Malnutrition Estimates. Levels and trends in child malnutrition. Key findings of the 2021 Edition 8. https://www.epicentro.iss.it/okkioallasalute/ 9. Lauria L, Spinelli A, Buoncristiano M, Nardone P. Decline of childhood overweight and obesity in Italy from 2008 to 2016: results from 5 rounds of the population-based surveillance system.

19 DOCUMENTO SIPREC 2022 BMC Public Health. 2019. 19:618 10. Khan MA, Moverley Smith JE. “Covibesity,” a new pandemic. Obesity Medicine.2020. 19:100282 11. Cuschieri S, Grech S. COVID-19: a one-way ticket to a global childhood obesity crisis? J Diabetes Metab Disord.2020. 19(2):1-4 12. Lange SJ, Kompaniyets L, Freedman DS, Kraus EM, Porter, DNP3; Heidi M Blanck R, Goodman AB. Longitudinal Trends in Body Mass Index Before and During the COVID-19 Pandemic Among Persons Aged 2–19 Years — United States, 2018–2020. MMWR Morb Mortal Wkly Rep. 2021. 70(37):1278–128319 13. Dondi A, Candela E, Morigi F, Lenzi J, Pierantoni L, Lanari M. Parents’ Perception of Food Insecurity and of Its Effects on Their Children in Italy Six Months after the COVID-19 Pandemic Outbreak. Nutrients. 2020. 31: 13(1):121 14. Pietrobelli A, Pecoraro L, Ferruzzi A, Heo M, Faith M, Zoller T, Antoniazzi F, Piacentini G, Feambach SN, Heymsfield SB. Effects of COVID-19 lockdown on lifestyle behaviors in children with obesity living in Verona, Italy: a longitudinal study. Obesity. 2020. 28(8): 1382–1385. 15. Dai H, Alsalhe TA, Chalghaf N, Riccò M, Bragazzi NL, Wu J. The global burden of disease attributable to high body mass index in 195 countries and territories, 1990-2017: An analysis of the Global Burden of Disease Study. PLoS Med. 2020. 17(7):e1003198 16. Whitaker RC, Wright JA, Pepe MS, Seidel KD, Dietz WH. Predicting obesity in young adulthood from childhood and parental obesity. N Engl J Med. 1997. 337(13):869-873 17. Kumar S, Kelly AS. Review of childhood obesity: From epidemiology, etiology, and comorbidities to clinical assessment and treatment. Mayo Clin Proc. 2017. 92(2):251-265. 18. Ministero della Salute, Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria. Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025.

20 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA 2. FISIOPATOLOGIA 2.1 Meccanismi di accumulo e mantenimento del tessuto adiposo nell’obeso Guido Salvetti, Alessio Basolo Centro Obesità e Lipodistrofie, U.O. Endocrinologia 1, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Uno dei primi passi per contribuire alla cura di una condizione complessa come l’obesità è rappresentato da una conoscenza più approfondita della composizione e della funzione del tessuto adiposo. Fino a pochi decenni fa il tessuto adiposo era visto come una struttura “inerte” deputata al solo deposito di energia. Grazie al lavoro fatto negli ultimi 40 anni, anche da gruppi italiani, il tessuto adiposo si è rivelato un vero e proprio organo endocrino [1, 2]. Come ogni tessuto, è formato da una componente cellulare (gli adipociti), una matrice extracellulare, vasi e nervi che permettono lo scambio di ormoni, citochine e altri mediatori metabolici, anche se è altrettanto corretto considerarlo un “organo”, in quanto costituito da più tessuti che svolgono funzioni integrate tra loro. I mammiferi in generale sono dotati di grande struttura unitaria composta da due diversi tessuti (grasso bianco e grasso bruno) che cooperano per distribuire energia per il mantenimento dell’omeostasi a breve e lungo termine. Anche nell’uomo si distinguono due tipi di tessuto adiposo, quello bianco e quello bruno [2]. Il tessuto adiposo bianco viene così chiamato perché al microscopio si presenta come una massa bianco-giallastra ed è il tipo di tessuto adiposo più diffuso nell’organismo. L’adipocita bianco non è solamente deputato all’incorporazione di energia ma è in grado di secernere ormoni (Leptina e Adiponectina), citochine (TNF-alfa, IL6, etc), proteine infiammatorie (aptoglobina, PCR, etc), proteine coinvolte nell’angiogenesi e nell’omeostasi vascolare (VGF, PAI-1, Angiotensinogeno) ed altre sostanze che permettono di modulare lo stato infiammatorio ed influenzare il metabolismo del soggetto. Quindi, benché la sua funzione principale sia quella di immagazzinare energia, contribuisce non solo alla regolazione del metabolismo energetico, glucidico e lipidico ma svolge un ruolo anche per la regolazione di altre funzioni molto importanti per l’organismo. Il tessuto adiposo bruno, rispetto a quello bianco, è molto meno rappresentato e le sue cellule sono particolarmente ricche di mitocondri. La loro funzione consiste nella produzione di calore quando l’organismo è esposto a basse temperature secondo un fenomeno definito come “termogenesi adattativa”. La produzione di calore avviene attraverso le UPC-1 (proteine disaccoppianti o termogenine) presenti nelle creste mitocondriali della membrana interna. È stato ipotizzato che il tessuto adiposo bruno possa attivarsi in caso di eccessivo introito calorico con la dieta, con conseguente dispersione del surplus energetico sotto forma di calore, fenomeno che dovrebbe contribuire a garantire l’omeostasi del peso corporeo indipendentemente dagli eccessi alimentari. Alcuni studi hanno mostrato come gli adipociti in generale siano dotati di un’elevata capacità di “trans differenziazione” che consente una sorprendente capacità dell’organo di adattarsi a condizioni specifiche. Per esempio, durante la cronica esposizione al freddo l’organo adiposo è in grado di convertire il grasso bianco in grasso bruno e viceversa in presenza di un bilancio energetico cronicamente positivo. Questi sono fenomeni di conversione in relazione alla necessità di adattarsi a diverse condizioni e sono comunque fisiologici e reversibili [2]. Il tessuto adiposo si può classificare, a seconda della principale sede di accumulo, in tessuto adiposo sottocutaneo e viscerale. La diversa quantità di queste due sottocomponenti è influenzata da molteplici fattori e determina in termini qualitativi e quantitativi proprietà biochimiche e funzioni molto

diverse tra loro. I meccanismi che determinano la distribuzione del tessuto adiposo sono molteplici e sono principalmente correlati all’età, all’etnia e al sesso del soggetto [3]. Il tessuto adiposo sottocutaneo si localizza in diverse regioni del corpo essendo maggiormente rappresentato nei glutei e nelle cosce. Questi sedi sono quelle fisiologicamente deputate all’accumulo di energia in eccesso ed è un tipo di grasso che possiamo definire “buono” in quanto costituito da adipociti di piccole dimensioni che si espandono come numero (iperplasia) per assorbire l’energia in eccesso. Il grasso viscerale è quel tessuto che si localizza negli organi interni ed in particolare nel fegato, reni, cuore, etc ed in alcune sedi può organizzarsi sotto forma di tessuto adiposo. Il suo accumulo è determinato da varie componenti che si associano ad una limitata capacità della componente sottocutanea di immagazzinare energia in eccesso. L’accumulo di grasso viscerale determina un aumento delle dimensioni della cellula adiposa (ipertrofia) con precoce ipossia, sofferenza cellulare, richiamo di macrofagi, aumento dell’infiammazione e rapida comparsa dei fattori che determinano l’insorgenza di sindrome metabolica. In presenza di un bilancio energetico cronicamente positivo il tessuto adiposo sottocutaneo può avere una limitata capacità di accumulo e quindi l’energia in eccesso tende a depositarsi a livello viscerale determinando la comparsa di una condizione che potremmo definire come una “adiposopatia”. Una condizione di alterato accumulo di “grasso ectopico” può essere quindi definita come la conseguenza di una limitata capacità di espansione del tessuto adiposo sottocutaneo. Per immagazzinare energia in eccesso il tessuto adiposo sottocutaneo è inizialmente in grado di espandersi in modo fisiologico aumentando il numero di cellule (iperplasia) attraverso il reclutamento e la differenziazione dei precursori della cellula adiposa, un processo che può essere definito come una espansione sana del tessuto adiposo. Durante questo processo, gli adipociti possono comunque andare incontro ad una progressiva condizione di ipossia, che è un determinante precoce che limita questo fisiologico ampliamento. Ad oggi non sono ben noti i meccanismi fisiopatologici alla base dello sviluppo dei due tipi di crescita del tessuto adiposo ma sappiamo che l’accumulo del grasso viscerale si associa una maggiore produzione, da parte dell’adipocita ipertrofico, di una serie di citochine pro-infiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α), l’interleuchina-6 (IL-6), l’interleuchina-8 (IL-8), e la proteina chemioattrattiva dei monociti-1 (MCP-1), determinando una condizione che può essere definita come infiammazione cronica di basso grado. Istologicamente, il tessuto adiposo mostra un’infiltrazione e attivazione di macrofagi pro-infiammatori che circondano adipociti morti o morenti (con strutture a forma di “corona”), con conseguente aumento dei livelli circolanti di citochine e chemochine pro-infiammatorie. Il soggetto affetto da obesità viFigura 1. Espansione del tessuto adiposo bianco. 21 DOCUMENTO SIPREC 2022 Adipocita Bilancio energetico cronicamente positivo Preadipocita Accumulo energetico con fisiologica espansione del numero di adipociti definita ”iperplasia” Accumulo energetico con aumento di dimensioni dell’adipocita definito ”ipertrofia” Macrofago IPOSSIA INFIAMMAZIONE INSULINO RESISTENZA Fenotipo metabolicamente sano Fenotipo con complicanze metabolich

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