Obesità: da amplificatore di rischio a malattia cronica

20 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA 2. FISIOPATOLOGIA 2.1 Meccanismi di accumulo e mantenimento del tessuto adiposo nell’obeso Guido Salvetti, Alessio Basolo Centro Obesità e Lipodistrofie, U.O. Endocrinologia 1, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Uno dei primi passi per contribuire alla cura di una condizione complessa come l’obesità è rappresentato da una conoscenza più approfondita della composizione e della funzione del tessuto adiposo. Fino a pochi decenni fa il tessuto adiposo era visto come una struttura “inerte” deputata al solo deposito di energia. Grazie al lavoro fatto negli ultimi 40 anni, anche da gruppi italiani, il tessuto adiposo si è rivelato un vero e proprio organo endocrino [1, 2]. Come ogni tessuto, è formato da una componente cellulare (gli adipociti), una matrice extracellulare, vasi e nervi che permettono lo scambio di ormoni, citochine e altri mediatori metabolici, anche se è altrettanto corretto considerarlo un “organo”, in quanto costituito da più tessuti che svolgono funzioni integrate tra loro. I mammiferi in generale sono dotati di grande struttura unitaria composta da due diversi tessuti (grasso bianco e grasso bruno) che cooperano per distribuire energia per il mantenimento dell’omeostasi a breve e lungo termine. Anche nell’uomo si distinguono due tipi di tessuto adiposo, quello bianco e quello bruno [2]. Il tessuto adiposo bianco viene così chiamato perché al microscopio si presenta come una massa bianco-giallastra ed è il tipo di tessuto adiposo più diffuso nell’organismo. L’adipocita bianco non è solamente deputato all’incorporazione di energia ma è in grado di secernere ormoni (Leptina e Adiponectina), citochine (TNF-alfa, IL6, etc), proteine infiammatorie (aptoglobina, PCR, etc), proteine coinvolte nell’angiogenesi e nell’omeostasi vascolare (VGF, PAI-1, Angiotensinogeno) ed altre sostanze che permettono di modulare lo stato infiammatorio ed influenzare il metabolismo del soggetto. Quindi, benché la sua funzione principale sia quella di immagazzinare energia, contribuisce non solo alla regolazione del metabolismo energetico, glucidico e lipidico ma svolge un ruolo anche per la regolazione di altre funzioni molto importanti per l’organismo. Il tessuto adiposo bruno, rispetto a quello bianco, è molto meno rappresentato e le sue cellule sono particolarmente ricche di mitocondri. La loro funzione consiste nella produzione di calore quando l’organismo è esposto a basse temperature secondo un fenomeno definito come “termogenesi adattativa”. La produzione di calore avviene attraverso le UPC-1 (proteine disaccoppianti o termogenine) presenti nelle creste mitocondriali della membrana interna. È stato ipotizzato che il tessuto adiposo bruno possa attivarsi in caso di eccessivo introito calorico con la dieta, con conseguente dispersione del surplus energetico sotto forma di calore, fenomeno che dovrebbe contribuire a garantire l’omeostasi del peso corporeo indipendentemente dagli eccessi alimentari. Alcuni studi hanno mostrato come gli adipociti in generale siano dotati di un’elevata capacità di “trans differenziazione” che consente una sorprendente capacità dell’organo di adattarsi a condizioni specifiche. Per esempio, durante la cronica esposizione al freddo l’organo adiposo è in grado di convertire il grasso bianco in grasso bruno e viceversa in presenza di un bilancio energetico cronicamente positivo. Questi sono fenomeni di conversione in relazione alla necessità di adattarsi a diverse condizioni e sono comunque fisiologici e reversibili [2]. Il tessuto adiposo si può classificare, a seconda della principale sede di accumulo, in tessuto adiposo sottocutaneo e viscerale. La diversa quantità di queste due sottocomponenti è influenzata da molteplici fattori e determina in termini qualitativi e quantitativi proprietà biochimiche e funzioni molto

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