Obesità: da amplificatore di rischio a malattia cronica

32 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA 3. ASPETTI CLINICI 3.2 Obesità e diabete Agostino Consoli DMSI & CAST – Università degli Studi G. d’Annunzio di Chieti-Pescara L’obesità si associa ed un alto numero di comorbilità, e di molte di queste rappresenta una importante concausa [1]. Il diabete mellito di tipo 2 è una delle più frequenti, se non la più frequente, patologia associata alla obesità, contribuendo quest’ultima per oltre il 40% al “burden” rappresentato dalla malattia diabetica [2]. Del resto, la “evoluzione epidemiologica” della obesità e del diabete mellito di tipo 2 negli ultimi 30 anni (evoluzione che ha portato oggi a prevalenze impressionanti di queste patologie in un ampio numero di popolazioni mondiali) sembra andare di pari passo con la prevalenze del diabete mellito di tipo 2, che aumenta nelle diverse regioni conseguentemente all’aumento in esse della prevalenza della obesità [3]. Lo stretto rapporto tra le due patologie è testimoniato da dati epidemiologici che indicano come il rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2 aumenti in maniera esponenziale con l’aumento del Body Mass Index (BMI). E’ stato osservato che, relativamente a soggetti con BMI < 23 Kg/mq, il rischio di sviluppare DM2 aumenta di 8 volte nei soggetti maschi con BMI tra 29 e 31 Kg/mq, di 14 volte nei soggetti con BMI tra 31 e 32 Kg/mq e di ben 51 volte nei soggetti con BMI >35 Kg/mq [4,5]. Inoltre, anche la prevalenza di prediabete aumenta con l’aumentare dell’obesità, essendo stata dimostrata, in un campione di popolazione dello stato di New York negli USA, una prevalenza del prediabete pari al 4,2% nei soggetti con BMI < 25 Kg/mq, al 8,1% in soggetto con BMI tra 25 e 30 Kg/mq ed al 16,2% in soggetti con BMI superiore a 30 Kg/mq [6]. Le evidenze epidemiologiche che legano l’obesità al diabete, e che inquadrano l’obesità tra le principali “cause” per la comparsa di diabete mellito, trovano supporto in una serie di meccanismi fisiopatologici che rendono ragione di questi rapporti e possono almeno in parte spiegare attraverso quali processi la obesità favorisca la comparsa di diabete. Il tessuto adiposo è un importante regolatore del metabolismo, in quanto coinvolto nel rilascio in circolo di acidi grassi liberi (FFA), glicerolo, ormoni tra i quali adiponectina e leptina, e, soprattutto, citochine infiammatorie [7,8]. Al tempo stesso, un intake eccessivo di nutrienti ha un impatto sul sistema immunitario innato nella maggior parte degli organi preposti al mantenimento della omeostasi energetica, compreso, ovviamente, il tessuto adiposo [9]. Il tessuto adiposo contiene cellule del sistema immunitarioe, tra le quali i macrofagi che nell’ambito di questo tessuto si trovano, in condizioni fisiologiche, per lo più in stato di polarizzazione M2 (o “alternativamente attivati”) e secernono quindi IL-10 ed altre citochine con complessiva azione anti-infiammatoria [10]. I macrofagi, tuttavia, vanno incontro a profondi cambiamenti nel loro stato di attivazione nel corso dello sviluppo di obesità con un drammatico aumento di cellule in stato di polarizzazione M1 (“classicamente attivate”) con un fenotipo decisamente infiammatorio ed aumentata produzione di citochine quali TNFalfa, IL-1 ed IL-6 [10]. Questo contribuisce all’instaurarsi di uno stato di infiammazione cronica di basso grado capace di determinare insulino-resistenza sia a livello epatico che periferico. Sono stati infatti individuati a livello cellulare una serie di meccanismi molecolari (attivazione di JNK, induzione delle proteine SOCS, attivazione della nitrossido sintasi inducibile) capaci di interferire con le vie di trasduzione del segnale insulinico e di ridurre quindi in maniera importante la capacità dell’insulina di svolgere la sua azione [7]7. Sulle stesse vie di trasduzione del segnale insulinico agisce anche una aumento della ossidazione degli FFA (conseguente al maggior

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