Obesità: da amplificatore di rischio a malattia cronica

35 DOCUMENTO SIPREC 2022 inibizione del senso di fame ed il potenziamento, invece del senso di sazietà [24]. L’impiego clinico di agonisti recettoriali del GLP-1 per il trattamento del diabete mellito di tipo 2 aveva quindi permesso di rilevare come una riduzione ponderale fosse annoverabile tra gli effetti di questa classe di farmaci [25]. Questa riduzione ponderale, già osservata con i primi agonisti recettoriale del GLP-1, risultava più consistente con le molecole la cui farmacocinetica consentiva il mantenimento in circolo di livelli elevati del farmaco per tutte le 24 ore [25] e consentiva anche per uno di essi (liraglutide) la registrazione per l’indicazione “obesità” anche in assenza di diabete mellito. I realtà, tra gli agonisti recettoriali del GLP-1 attualmente registrati per la terapia del diabete mellito, i dati più significativi relativamente al calo ponderale sono stati ottenuti, per il momento in soggetti diabetici, con semaglutide [26]. Anche per questa molecola sono attualmente in corso studi che hanno l’obiettivo di permetterne la registrazione per la indicazione “obesità” [27]. Il trattamento con GLP-1 agonisti non è associato solo a calo ponderale, ma anche verosimilmente ad una redistribuzione i senso favorevole del grasso corporeo, come evidenziato da uno studio nel quale in soggetti trattati con liraglutide, studiati prima e dopo aver perduto la stessa quantità di peso di un gruppo di controllo nel quale il calo ponderale era indotto dal solo intervento sullo stile di vita, si evidenziava, rispetto ai controlli, una maggiore riduzione del grasso viscerale misurato attraverso risonanza magnetica nucleare [28]. Ulteriore evidenze sui rapporti tra obesità, sviluppo di diabete ed impiego di farmaci attivi sia sul diabete che sulla obesità possono essere desunte dallo studio SCALE Obesity Prediabetes [29]. In questo studio circa 3.000 soggetti obesi non diabetici sono stati randomizzati 2:1 ad essere trattati con liraglutide 3 mg o placebo per un periodo di 56 settimane. In ciascun gruppo circa il 60% dei soggetti reclutati era affetto da prediabete, mentre il restante 40% aveva normale tolleranza glucidica. Il gruppo trattato con liraglutide perdeva significativamente più peso rispetto al gruppo di controllo e la perdita di peso correlava con una serie di outcome relativi alla regolazione del metabolismo glicidico. Infatti, tra i soggetti con normale tolleranza glicidica al baseline, solo il 7% sviluppava prediabete nel corso del follw-up nel gruppo liraglutide, ovvero un terzo rispetto al 21% dei soggetti normotolleranti al glucosio che sviluppavano diabete nel corso del follw-up nel gruppo placebo. Dati simili si osservavano relativamente ai soggetti che sviluppavano diabete mellito di tipo 2 nel corso del follow-up, solo 4 nel gruppo liraglutide verso 14 nel gruppo placebo. Al contrario, dei soggetti che avevano prediabete al baseline, nel gruppo liraglutide il 70% era tornato alla normoglicemia alla fine del follow-up, mentre questo accadeva solo nel 30% dei soggetti del gruppo placebo. E’ vero che l’effetto di liraglutide “per se” potrebbe avere un ruolo nel determinismo di questi risultati, ma è anche vero che, come osservato in precedenza, anche all’interno del gruppo liraglutide i vantaggi erano maggiori nei soggetti che perdevano una maggiore quantità di peso. Infine, nella descrizione dei rapporti tra obesità e diabete non possono essere trascurate le evidenze che legano il calo ponderale alla possibilità di remissione della malattia diabetica. In uno studio multicentrico condotto da medici di famiglia in Gran Bretagna, 309 soggetti diabetici in sovrappeso o obesi sono stati randomizzati a ricevere un intervento strutturato sullo stile di vita con l’obiettivo di raggiungere un calo ponderale di 15 Kg o a ricevere “usual care”. Nell’ambito di tutti i soggetti reclutati la remissione del diabete durante i 12 mesi di follow up occorreva nel 7% dei soggetti che perdevano fino a 5 Kg, nel 34% di quello che perdevano dai 5 ai 10 Kg, nel 57% di quelli che perdevano dai 10 ai 15 Kg e nel 86% di quelli che perdevano oltre 15 Kg [30]. L’unico significativo predittore di remissione era la perdita di peso. La perdita di peso emerge come unico predittore di remissione del diabete anche in una recente metanalisi [31] che ha messo a confronto studi che utilizzavano approcci nutrizionali con diverso grado di restrizione calorica e diversa composizione bromatologica della dieta in relazione alla capacità di indurre remissione del diabete. La composi-

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