Obesità: da amplificatore di rischio a malattia cronica

41 DOCUMENTO SIPREC 2022 fetto. L’attivazione dell’AHR è stata descritta per diversi tipi di cancro, e la via della chinurenina è nota per essere sovraregolata nelle cellule di carcinoma mammario triplo negativo. Una seconda ipotesi circa i fenomeni meccanicistici nella relazione tra obesità e cancro si fonda sul ruolo delle proteasi della serina nell’esaurire le riserve cellulari di soppressori tumorali, quali il Deleted in Colorectal Cancer (DCC) e la neogenina [11]. Le serin-proteasi, che includono l’enzima digestivo pancreatico chimotripsina, la pro-proteina convertasi epatica, l’elastasi leucocitaria rilasciata da neutrofili e macrofagi pro-infiammatori e l’antigene prostatico specifico, ma anche l’enzima batterico subtilisina, influenzano molteplici funzioni cellulari, tra cui la proliferazione e la migrazione, ed i loro inibitori hanno un comprovato effetto antiinfiammatorio ed oncosoppressivo. La chimotripsina è di particolare interesse poiché straordinariamente stabile, essendo resistente alla maggior parte delle altre proteasi, e la sua concentrazione rimane pressoché invariata durante il transito dal pancreas alle feci. La subtilisina è diffusa nell’ambiente, nei probiotici animali somministrati in alternativa agli antibiotici negli allevamenti, nonché nei prodotti per la lavorazione della carne allo scopo di aumentarne la palatabilità. L’intervallo di concentrazione di chimotripsina sufficiente a consumare i soppressori tumorali DCC e neogenina nelle membrane cellulari (1-10 μM) è molto simile e, talora, persino inferiore, a quello descritto nelle feci umane, mentre è ancora più potente l’effetto della subtilisina, che è in grado di esaurire DCC e neogenina a concentrazioni nanomolari [13]. Di specifico interesse nella relazione tra obesità e cancro, l’iperalimentazione condiziona un aumento nella concentrazione di chimotripsina tanto a livello intestinale, quanto nella circolazione sistemica come effetto dell’aumentato assorbimento intestinale, particolarmente dopo ingestione di cibi proteici. Essendo in grado di metabolizzare l’insulina, l’aumento dei livelli di chimotripsina nel plasma e nei tessuti degli individui obesi potrebbe essere almeno in parte responsabile della oncosuscettibilità derivante dall’eccesso di cibo. Obesità e malattie reumatiche Il ruolo pro-infiammatorio del tessuto adiposo - con la sua pletora di adipocitochine e mediatori pro-infiammatori, quali TNF-α, IL-6, adiponectina, leptina, resistina, visfatina e proteina C-reattiva - insieme all’aumento dell’incidenza delle malattie autoimmuni, ha accresciuto enormemente l’interesse per il rapporto tra obesità e malattie infiammatorie croniche [14]. Secondo alcuni studi, l’obesità è associata ad un aumentato rischio di malattie reumatiche [15] ed è in grado di incidere negativamente sulla risposta agli agenti biologici, quali gli anti-TNF, sia nell’artrite reumatoide che nella spondilite anchilosante [16,17]. Tra le le adipochine emergenti, il fattore derivato dall’epitelio pigmentato (PEDF o SERPINF1) e la chemerina sembrano detenere un ruolo chiave nella relazione tra obesità ed infiammazione nelle malattie reumatiche. Il PEDF è una glicoproteina circolante da 50 kDa, membro della famiglia della serpina senza attività inibitoria sulla serin-proteasi e principalmente prodotta da adipociti maturi in misura proporzionale all’introito calorico [18]. Il PEDF è coinvolto nell’attivazione diretta delle proteine di segnalazione infiammatoria p38 MAPK e ERK1/2 nei macrofagi e di NF-κB a livello adipocitario, eventi culminanti nell’attivazione macrofagica [19]. In una coorte di pazienti con artrite reumatoide precoce, i livelli circolanti di PEDF risultavano essere più elevati nei soggetti obesi e sovrappeso rispetto ai soggetti normopeso e correlati con l’infiammazione sistemica (VES e PCR) [14]. Negli ultimi anni un’altra adipochina, la chemerina, è emersa come elemento chiave nell’infiammazione e nell’attivazione immunologica di diverse malattie infiammatorie, come l’artrite reumatoide, condizioni in cui tale mediatore è stato rinvenuto a livello di tessuti infiammati e fluidi biologici. La chemerina è coinvolta nell’adipogenesi, nella chemiotassi e nell’attivazione delle cel-

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