Obesità: da amplificatore di rischio a malattia cronica

42 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA lule dendritiche e dei macrofagi [14]. Studi recenti hanno dimostrato che i fibroblasti sinoviali dei pazienti con artrite reumatoide esprimono la chemerina ed il suo recettore (ChemR23) e che i livelli circolanti di questa molecola sono direttamente correlati all’attività di malattia [20]. L’espressione di ChemR23 e la stessa chemerina attivano i fibroblasti dei pazienti con artrite reumatoide, aumentando la produzione locale di interleuchine e chemochine, quali IL-6 e CCL2 [21], con amplificazione persistente dell’infiammazione sinoviale in modo autocrino o paracrino. Per quanto riguarda l’impatto del BMI elevato sulla risposta al trattamento, le evidenze sono concordi sul fatto che l’obesità rappresenti un fattore di rischio aggiuntivo di scarsa risposta alla terapia e di mancata remissione. In studi condotti su pazienti con artrite reumatoide di lunga data, i pazienti obesi avevano il 50% in meno di probabilità di ottenere la remissione della malattia dopo 12 mesi di trattamento di prima linea con anti-TNF rispetto ai soggetti normopeso, soprattutto con infliximab, il cui dosaggio è commisurato al peso corporeo [16]. Risultati simili sono stati confermati da studi osservazionali su pazienti con artrite reumatoide precoce, in cui sia l’obesità che il sovrappeso conferivano una minore probabilità di ottenere la remissione o di ridurre l’attività di malattia, indipendentemente dal trattamento con DMARD o anti-TNF [22]. Allo stesso modo, in uno studio prospettico, i pazienti con artrite psoriasica che iniziavano il trattamento con inibitori del TNF avevano meno probabilità di raggiungere un’attività minima della malattia al dodicesimo mese rispetto ai pazienti non obesi [23]. Tra coloro che avevano raggiunto l’attività minima di malattia, l’aumento del BMI rappresentava un fattore prognostico avverso per il mantenimento della stessa al ventiquattresimo mese [23]. Una perdita di peso ≥5% rispetto ai livelli basali era associata a tassi più elevati di attività minima di malattia a 6 mesi nei pazienti obesi con artrite psoriasica che iniziavano il trattamento con inibitori del TNF. I motivi per cui l’obesità influisca sulla prognosi del paziente reumatologico, in particolare nei pazienti trattati con infliximab, restano da chiarire. Possibili meccanismi includono gli effetti dell’obesità sulla farmacocinetica e l’amplificazione dello stato infiammatorio indotto dalle adipocitochine, in grado di aumentare l’espressione di citochine infiammatorie come il TNF e IL-6 [14]. Obesità e malattia renale cronica Tanto l’indice di massa corporea, quanto il rapporto vita-fianchi e la circonferenza vita sono stati positivamente associati al rischio di manifestare insufficienza renale cronica (IRC) [24]. Lo sviluppo di IRC è, d’altra parte, strettamente correlato ad altre comorbidità che compaiono in concomitanza con l’aumento di peso, vale a dire ipertensione arteriosa e diabete [25]. In tale contesto, l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone e l’insulino-resistenza contribuiscono ad aumentare il riassorbimento di sodio nel tubulo prossimale e nell’ansa ascendente di Henle, con conseguente sovraccarico di volume ed iperfiltrazione glomerulare [25]. L’iperinsulinismo che consegue agli stati di insulino-resistenza agisce sul citoscheletro dei podociti, compromettendo l’integrità di barriera di filtrazione glomerulare, e promuove lo stress ossidativo e la fibrosi a livello podocitario e tubulointerstiziale [25]. Insieme, i fenomeni emodinamici e metabolici descritti si rendono responsabili dell’albuminuria, che amplifica il danno anatomico renale, compromettendo progressivamente la funzione renale. Le associazioni descritte tra obesità ad IRC, tuttavia, sono state osservate indipendentemente dalla presenza di diabete e/o ipertensione arteriosa, suggerendo che l’obesità possa mediare per se il rischio di IRC anche attraverso meccanismi indipendenti da questi correlati clinici e riconducibili, piuttosto, alla capacità del tessuto adiposo di secernere citochine proinfiammatorie [26]. Nella malattia renale correlata all’obesità, infatti, risultano essere implicate diverse adipochine quali leptina, adiponectina,

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