Obesità: da amplificatore di rischio a malattia cronica

44 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA Obesità e COVID-19 Numerose evidenze indicano che l’obesità è un fattore determinante per la gravità di COVID-19 [33,34]. Uno studio retrospettivo ha analizzato la relazione tra l’indice di massa corporea e la necessità di ventilazione meccanica invasiva in 124 pazienti consecutivi ricoverati in terapia intensiva per SARS-CoV-2. Rispetto ai ricoveri in terapia intensiva nell’anno precedente per insufficienza respiratoria acuta grave non dovuta a SARS-CoV-2, la distribuzione delle categorie di BMI era sorprendentemente diversa nei pazienti ricoverati con COVID-19. Su 124 pazienti con COVID-19, infatti, il 75,8% era obeso (BMI > 30 kg/m2), contro il 25,8% dei pazienti ricoverati con condizioni non SAR-CoV-2 [35]. L’obesità era anche un fattore di spicco per la necessità di ventilazione obbligatoria intermittente: il 68,6% dei pazienti con COVID-19 (e quasi il 90% dei pazienti con BMI >35) ne ha avuto bisogno ed il loro BMI era superiore a quello di chi non ne aveva necessità. I risultati di uno studio di coorte prospettico di comunità su quasi 7 milioni di individui hanno evidenziato che un indice di massa corporea superiore a 23 kg/m² è associato ad una prognosi più severa di COVID-19, in particolare nei pazienti di età inferiore ai 40 anni e di etnia nera [36]. Nello specifico, individui con BMI superiore a 23 kg/m² presentavano un aumento lineare del rischio di malattia grave da SARS-CoV-2 in termini di necessità di ospedalizzazione e di mortalità, nonché un aumento lineare dei ricoveri in terapia intensiva non attribuibile alle patologie correlate al range di BMI esaminato. Risultati simili derivano da uno studio statunitense condotto in un’ampia coorte di pazienti con COVID-19 (N = 3615) [37]. Gli autori hanno eseguito un’analisi del BMI stratificato per età in pazienti sintomatici positivi al SARS-CoV-2 che accedevano in ospedale, dimostrando che, dopo l’età, l’obesità era il fattore prognostico più importante per i pazienti ospedalizzati con COVID-19. Infatti, i pazienti più giovani (<60 anni) con un BMI >30 kg/m² avevano più del doppio delle probabilità di essere ricoverati e di sviluppare una malattia critica rispetto ai pazienti con un BMI <30 kg/m². La probabilità di ricovero in terapia intensiva era quasi 4 volte superiore nei pazienti con obesità grave (BMI ≥35 kg/m²). Quale organo endocrino secernente una pletora di fattori (adipochine, chemochine e citochine) in grado di influire profondamente sul metabolismo e sul sistema immunitario, l’obesità indebolisce il sistema immunitario, rendendo così l’individuo obeso suscettibile alle malattie infettive [38]. L’obesità è associata ad una significativa alterazione in termini quali-quantitativi delle cellule immunitarie presenti nel tessuto adiposo, con una marcata diminuzione delle cellule Th2, delle cellule Treg e dei macrofagi M2 ed un aumento significativo di cellule pro-infiammatorie come le cellule T CD8+ e i macrofagi M1 [39]. Nello specifico, il tessuto adiposo del paziente obeso comprende oltre il 40% di macrofagi M1. Anche molti altri tipi cellulari come i neutrofili, le cellule dendritiche e i mastociti contribuiscono al rilascio di diversi fattori pro-infiammatori, con il risultato finale di uno stato di infiammazione cronica sia a livello locale che sistemico. D’altra parte, l’accumulo ectopico di tessuto adiposo altera l’integrità e l’architettura dei tessuti linfoidi, influenzando così lo sviluppo e l’attivazione delle cellule immunitarie. Inoltre, i cambiamenti metabolici associati all’obesità, quali la resistenza all’insulina e alla leptina, esercitano un impatto negativo sulla funzione delle cellule immunitarie. Insieme, questi cambiamenti incidono negativamente sulla crescita, proliferazione, attivazione e sul metabolismo delle cellule immunitarie, culminante in una compromissione delle difese immunitarie dell’ospite. A lato di ciò, vi è evidenza per cui l’espressione nell’epitelio bronchiale dell’enzima di conversione dell’angiotensinogeno (ACE-2), necessario per l’ingresso di SARS-CoV-2 nelle cellule, sarebbe maggiore negli individui obesi e sovrappeso [40]. In aggiunta, uno studio pilota di coorte su 49 pazienti

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