Obesità: da amplificatore di rischio a malattia cronica

60 OBESITÀ: DA AMPLIFICATORE DI RISCHIO A MALATTIA CRONICA 3. ASPETTI CLINICI 3.5 Obesità e malattia coronarica Leonarda Galiuto, Maria Chiara Meucci Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma È dimostrato che l’obesità si associa ad un amentato rischio di aterosclerosi coronarica e delle sue manifestazioni cliniche, quali angina, infarto miocardico, scompenso cardiaco e morte cardiaca improvvisa [1]. I meccanismi implicati in tale associazione sono molteplici. L’obesità agisce come amplificatore dei principali fattori di rischio cardiovascolari, quali ipertensione, dislipidemia, diabete mellito di tipo II e sindrome delle apnee notturne. Inoltre, l’accumulo di grasso corporeo, in particolare di grasso viscerale, induce un peggioramento dello stato infiammatorio sistemico e della fitness cardiocircolatoria, anch’essi determinanti di un aumentato rischio di malattia coronarica [1]. Fenotipi di obesità e malattia coronarica Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza riguardo l’estrema eterogeneità che caratterizza la popolazione di pazienti obesi, a cui ha fatto seguito la definizione di multipli fenotipi di obesità, ciascuno caratterizzata da un peculiare profilo di rischio cardio-metabolico [2]. Infatti, a parità di severità dell’obesità (tradizionalmente definita dal body mass index [BMI]), altri fattori, come la distribuzione regionale del grasso corporeo, il livello di fitness cardiorespiratoria ed il profilo nutrizionale devono essere considerati ai fini di una precisa stratificazione del rischio cardiovascolare [2]. Primo tra questi, la distribuzione del grasso corporeo è emerso come cruciale determinante del rischio cardiovascolare, in quanto il rischio correlato ad un eccesso di adiposità viscerale (obesità addominale) o di adiposità ectopica (accumulo epatico ed epicardico) risulta superiore rispetto al rischio determinato da un eccesso di adiposità sottocutanea (obesità periferica) [1,3]. In una metanalisi che ha incluso 6 studi e 1593 pazienti obesi e con documentata malattia coronarica, l’eccesso di obesità viscerale, definito dalla circonferenza vita ed dal rapporto vita-fianchi, piuttosto che il BMI, si associava ad un aumentato rischio di mortalità [4]. Inoltre, in uno studio longitudinale della durata di 10 anni, l’eccesso di adiposità viscerale è stato riportato come predittore dello sviluppo di aterosclerosi coronarica, con valore indipendente dal BMI [5]. Nell’Health, Aging and Body composition study l’obesità addominale si associava anche ad un aumentata incidenza di infarto miocardico acuto in donne di età compresa tra i 70 e 79 anni ad un follow-up mediano di 4.6 anni [6]. E’ stato inoltre documentato come l’eccesso di adiposità viscerale svolga un ruolo cruciale nella patogenesi della malattia aterosclerotica coronarica sin dagli stadi iniziali della malattia. In particolare, studi anatomopatologici hanno evidenziato che l’obesità viscerale accelera lo sviluppo dell’aterosclerosi alcuni decenni prima dell’insorgenza delle sue manifestazioni cliniche e si associa ad una maggiore vulnerabilità delle placche coronariche [7,8]. In aggiunta, dati provenienti dal CARDIA (Coronary Artery Risk Devolopment in Young Adults) study hanno dimostrato una significativa correlazione tra il tempo di esposizione all’eccesso di grasso viscerale e la presenza e progressione di calcificazioni coronariche, un indicatore subclinico di coronaropatia, con valore indipendente dal grado di obesità [9]. I meccanismi implicati nell’elevato rischio cardiovascolare associato all’obesità viscerale rispetto all’obesità periferica non sono del tutto chiariti, ma comprendono un differenziale profilo di espressione genica e una maggiore attività endocrina del grasso viscerale, responsabile del rilascio sistemico di un’ampia gamma di mediatori pro-aterogeni, quali citochine pro-infiammatorie (IL-6, IL-8. TNF-alfa), specie reattive dell’ossigeno, angiotensinogeno ed inibitore-1 dell’attiva-

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